Venerdì 13 Febbraio 2015
Presumo che molti Soci del CAI di Susa non avessero mai sentito parlare del Monte McKinley o Denali, la vetta più elevata dell’America Settentrionale (6.194 m s.l.m.)
che per le sue caratteristiche è la terza montagna
al mondo secondo la prominenza.
Fa parte della grande catena dell’Alaska, una delle grandi catene occidentali del continente, che si estendono fino alle coste della California.
Ebbene tre coraggiosi, esperti e super allenati alpinisti della Valle hanno compiuto un’impresa durata ben 24 giorni nel mese di maggio del 2014.
Francesco Torre, Alberto Bolognesi ed Emanuele Foglia, i tre protagonisti, venerdì sera, nella nuova sede del CAI, ci hanno raccontato la loro avventura, le loro impressioni, le loro fatiche, i loro disagi ma soprattutto la loro grande gioia di aver scalato e raggiunto una meta molto ambita.
Dal loro intervento abbiamo così scoperto che il monte veniva chiamato dai nativi Denali, “la grande montagna”.
Questo è ancora il nome riconosciuto ufficialmente dallo Stato di Alaska.
Fu poi in seguito ribattezzata dai colonizzatori come Monte McKinley nel 1896, in onore del Presidente statunitense William McKinley.
Detto Monte ha un’ascesa più larga e graduale di quella dell’Everest, che pur essendo molto più alto in termini assoluti (8.848 m s.l.m.), si eleva al di sopra dell’altipiano tibetano, posto a circa 5.200 m, sicché il dislivello tra la base e la vetta della montagna risulta pari a circa 3600 m.
Al contrario la base del Denali poggia su un altopiano elevato d 700 m, conferendo alla montagna un dislivello effettivo di 5400 m.
Nel loro accorato e simpatico intervento i tre grandi Francesco, Alby e Lele, con l’ausilio di un filmato durato 26 minuti, hanno raccontato le varie fasi della spedizione e le tappe dell’ascesa del McKinley.
Le regole fissate dalle autorità sono semplici: un piccolo aereo con i pattini atterra su di un ramo laterale del ghiacciaio di Kahiltna, alla quota di 2200 metri e poi ritorna a prendere gli escursionisti ad una data stabilita, condizioni meteo permettendo. Dal momento dell’atterraggio ogni gruppo o spedizione deve essere completamente autosufficiente, anche in caso di soccorso e recupero dovuti ad una caduta in un crepaccio, eventualità non tanto remota. Sulla montagna non esistono rifugi o altre strutture che possano agevolare l’impresa.
La salita deve perciò avvenire in completa autonomia e a questo fine bisogna trasportarsi non solo l’equipaggiamento tecnico come: corda, imbragatura e ramponi, ma anche tende, sci, combustibile e viveri per almeno tre settimane.
Il carico raggiunge così una quarantina di chilogrammi a testa, trasportati grazie a una slitta, più lo zaino.
L’impresa alpinistica è ad alto rischio a causa delle bassissime temperature che si registrano (spesso al di sotto dei -40°C), delle copiose nevicate ed il connesso rischio di valanghe e delle poche ore di luce giornaliere (data la vicinanza della montagna con il circolo polare artico).
Sono occorsi 5 campi e mezzo con relativa preparazione ogni volta dell’igloo e delle tende, sempre super vestiti, con il ghiaccio da sciogliere per poter alimentarsi dei cibi liofilizzati, dotandosi di sacchetti di plastica biodegradabile di vari colori per la raccolta differenziata dei rifiuti, cui si sono aggiunti dei robusti contenitori in PVC per gli escrementi solidi, da riportare indietro.
L’ascesa faticosa, intervallata da numerose soste per riposare, l’uso degli sci nella prima fase, il traino delle slitte per trasportare materiali e vettovaglie nonché attrezzi per l’arrampicata sono stati gli ingredienti di questa spettacolare avventura.
Alla fine del tunnel ecco spuntare la cresta sommitale da cui si gode un panorama mozzafiato che abbraccia con un solo colpo d’occhio tutta la catena, solcata da ghiacciai che si perdono all’orizzonte. C’è chi ha scritto che la vista dalla cima del Denali in una bella giornata è come guardare dalle finestre del Cielo.
Secondo recenti statistiche, la percentuale di successo al Denali si aggira intorno al 50 per cento, ma questa cifra non dice che un terzo di coloro che raggiungono la cima sono guide in compagnia di clienti.
Grazie Francesco, Alby e Lele per essere stati bravi anzi…bravissimi, non solo per averci fatto condividere la vostra stupenda avventura ma anche per aver portato un pezzo della nostra Valle in quella terra incantevole ma selvaggia e pericolosa.
Ad majora!!
Eligio Alasonatti